Su David e tutto quanto…

David Bowie era un Artista, un vero Artista. Uno che ha fatto del suo tutto una unica ed irripetibile opera d’arte. Persino la sua morte è stata artistica capitata dopo il suo compleanno e l’uscita del nuovo disco.

Devo confessarlo amaramente, ma io ho a casa soltanto “London Boy” ed il vinile di “Ziggy” l’ho regalato ad un amico in tempi non sospetti dicendogli che mi faceva piacere che lo tenesse lui in quanto fan decisamente più meritevole. Non conosco quasi per niente la sua discografia a parte i pezzi che devi conoscere per forza, ma proprio per quello non sono i pezzi significativi della sua vastissima produzione. Me ne rammarico perché penso di essermi perso qualcosa negli anni, forse essendo troppo attaccato ad altri David (Gilmour, Sylvian), ma proprio perché l’arte è eterna penso di essere ancora in tempo per recuperare quel tempo perduto e continuare ad esplorare.

Provo a fare di questa morte un nuovo insegnamento, provo a capire ancor di più quanto sia importante restare curiosi, assetati di musica e di cultura. Bowie ha vissuto una vita non lunghissima, ma larghissima, piena di trasformazioni, di provocazioni, di arte ad ogni costo dai suoi occhi ai suoi capelli alla sua musica. C’è molto da imparare da chi ha messo tutto se stesso a disposizione dell’umanità che, a detta sempre dell’amico possessore del vinile di “Ziggy”, prima della sua morte “già faceva schifo”.

 

 

 

 

A better place – Recensione di Marcello Napoli

Marcello Napoli su “A better place”

4 mosse: scacco matto e la ricerca del “posto migliore”
“A better place”, il posto migliore non è l’isola che non c’è, ma l’onda, se non perfetta, quella che avvolge spumeggia trasporta.
“A better place”, non è Utopia o Atlantide e nemmeno l’isola del tesoro.
“A better place” è guardarsi allo specchio e trovare in sé la junglind, quella forza sorgiva di armonie, di sussulti, emozioni, echi di memorie fuori dal coro, ricordando che non tutto è e deve esser mercato-mercanzia, moda, clone. E tutto può tornare …
“A better place” è la storia personale, le immagini di nebbie diradate dal sole e poi ancora nebbia e poi rugiada e poi l’affievolirsi di ansie e tormenti e la scoperta di una lingua, una sonorità, armonia da riscoprire e “condividere”.
“A better place” è un portico con quattro soglie: la prima traccia, dall’incipit moresco, è come il lieve solco di calligrafo su pergamena;
“The cat on the tablet” è una chitarra dal passo felpato continuamente sottolineato dal violoncello e dalle percussioni, soft … come matite morbide a rimarcare passaggi voluttuosi; una danza come stare su un’amaca tra il vento.
“Flowing”, la terza traccia è il lato di bolina del viaggio a vele spiegate, aperte da brezza, soli con noi stessi, sotto lo sguardo di curiosi gabbiani, frecce d’argento al rallentie del tempo sospeso …
“Have a good night” è il saluto a domani, a un domani senza spirali e looping, soprattutto senza inganni. L’eco delle ninne nanne è evidente, poi scompare, poi riappare come un miraggio poi si avvoltola.
Orfeo è nelle corde delle chitarre di Max Maffia e Valerio Valiante; Euridice è il violoncello di Daniela Lunelli; non c’è Averno e buio, diradato dai passi di Alessandro Taborri che muove, percuote l’aria, le stalattiti e stalagmiti intorno ad un’isola .. non Utopia, ma unione, musica, onde, emozioni.
Laevia gravia, scacco matto alle ansie in quattro mosse, quattro cavalieri de navigatori non solitari.
E noi con loro…