La Terra Sotto i Suoi Piedi – Salman Rushdie

una citazione trovata da Tony Lawson che giro molto volentieri!

La Terra Sotto i Suoi Piedi – Salman Rushdie

“Da molto tempo credo…che in ogni generazione ci sono delle anime, chiamale fortunate o maledette, che semplicemente nascono non appartenenti, che arrivano nel mondo parzialmente distaccate, se vuoi, senza forti legami alla famiglia, al luogo, alla nazione, alla razza; che ci potrebbero essere persino milioni, miliardi di queste anime, tante anime non appartenenti quanto quelle appartenenti, forse; che, in somma, il fenomeno potrebbe essere una manifestazione della natura umana tanto “naturale” quanto il fenomeno opposto, ma uno che in grande parte è stato frustrato nella storia dell’umanità, da una mancanza di possibilità. E non solo a causa di questo: perché coloro che danno valore alla stabilità, che temono la transitorietà, l’incertezza, il cambiamento, hanno eretto un potente sistema di biasimo e di tabù contro quella forza dirompente e associale che è l’esistere senza radici, in modo che in gran parte ci conformiamo, fingiamo di essere spinti da una lealtà e da una solidarietà che non sentiamo veramente, nascondiamo le nostre identità segrete sotto la pelle falsa di quelle identità che portano il sigillo di approvazione degli appartenenti. Ma la verità trapela nei nostri sogni; da soli nei nostri letti (perché siamo tutti soli di notte, anche se non dormiamo da solo), ci innalziamo, voliamo, fuggiamo. E in quei sogni ad occhi aperti che la nostra società ci permette, nei nostri miti, nelle nostre arti, nelle nostre canzoni, celebriamo i non appartenenti, i diversi, i fuorilegge, i pazzoidi. Ciò che non permettiamo a noi stessi, paghiamo fior di lire per guardare, al teatro o al cinema, o di leggere tra le copertine segrete di un libro. Il vagabondo, l’assassino, il ribelle, il ladro, il mutante, l’emarginato, il delinquente, il diavolo, il peccatore, il viaggiatore, il mafioso, il fuggitivo, la maschera: se non riconoscessimo in loro le nostre esigenze meno realizzate, non li reinventeremo volta dopo volta, in ogni posto, in ogni lingua, in ogni tempo. Una volta inventate le navi ci siamo precipitati al mare, attraversando gli oceani in barche di carta. Una volta inventate le automobili abbiamo imboccato la strada. Una volta inventati gli aeroplani abbiamo spiccato il volo verso gli angoli più lontani del pianeta. Ora bramiamo il lato oscuro della luna, le pianure rocciose di Marte, gli anelli di Saturno, le profondità interstellari. Mandiamo fotografi meccanici in orbita, o in viaggi a senso unico verso le stelle, e piangiamo alle meraviglie che trasmettono; siamo annichiliti dalle immagini imponenti di galassie lontane immobili come colonne di nuvole nel cielo, e diamo nomi alle rocce aliene, come se fossero i nostri animali domestici. Languiamo per l’alterazione dello spazio, per l’orlo esterno del tempo. E questa è la specie che si illude che ama stare a casa, che ama cingersi con – come si chiamano di nuovo? – legami. Così lo vedo io. Non c’è bisogno di darmi ragione. Forse non siamo così tanti, in fondo. Forse siamo dirompenti, associali e dovremo essere allontanati. Hai diritto alla tua opinione. Non dirò altro che: dormi bene, bambino. Dormi bene e sogni d’oro….”

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