#Salerno

Abbandono ogni mattino la Salerno Reggio Calabria all’altezza di Pontecagnano, prendo la tangenziale di Salerno perché mi conviene. Non appena cominci ad entrare in quel di Salerno ti assale quel senso di appartenenza che, diciamolo, quasi ogni salernitano, compreso me, avverte in maniera pomposa e presuntuosa. Del resto questa nostra città è tra due costiere meravigliose (il mio Cilento “spettinato” e la amalfitana “ammaestrata”) ed è essa stessa una piccola cittadina affascinante e tranquilla.
Esco a Pastena perché mi conviene e prendo la parallela verso Torrione (mi casa) passando dai cavalli sempre presenti all’incrocio prima del De Sanctis e poi davanti alla scuola all’ora dell’entrata. Il traffico inevitabile di via Pietro Del Pezzo dovuto al/alla solito/a imbecille che prende il caffè e parcheggia davanti al bar od al/alla solito/a imbranato/a che lascia la macchina a pettine di fronte la farmacia.
Ma sono a pochi metri da casa dei miei per cui mi calmo. Lascio la macchina e mi incammino.
Il tragitto da Torrione a Via dei Principati è disseminato di ricordi e fatti da gustare.
Supero via Achille Talarico all’incrocio con via Marino Freccia e mi incammino verso il centro. Sulla destra c’è la fermata del pullman e vedo sistematicamente la sig.ra riccia bionda accompagnata dal compagno/marito che aspetta un bus, la sig.ra agitata sempre al telefono che parla a voce alta ed un’altra quasi immobile con la faccia spiritata che cerca di intrufolarsi per prima non rispettando la fila. La miriade di ragazzi che aspettano il 7/17/27 per l’università e le persone anziane che si lamentano dei ritardi e del fatto che i pullman sono affollati. a pochi metri c’è un chiosco/bar. Molti anni fa ci compravo il ghiacciolo. Ora osservo i clienti abituali del posto che commentano la notizia del giorno che il più delle volte riguarda il presidente del consiglio. L’edicola lì vicino ha visto molte gestioni. Ora la sig.ra che la gestisce, cortese ed educata ha scelto di non prendere troppi biglietti del consorzio salernitano per i trasporti pubblici probabilmente perché vuole vendere più giornali che ticket di viaggio, ed ha ragione. Di conseguenza se vuoi comprare un biglietto devi recarti al tabacchi a pochi metri che si fa notare per l’adesivo alla porta “attenti all’uomo” che ovviamente pone perché all’interno c’è sempre un cane.
Proseguo la mia promenade e raggiungo il Forte la Carnale con i giardini di recente restauro e una prima vista mare sulla sinistra. Ancora oggi “sbando” nel notare che il cavalcavia non c’è più e l’apertura verso il lungomare si apre come un accordo di sol maggiore. Supero velocemente il benzinaio perché ho molti motivi per cui mi fa rabbia e mi appresto a costeggiare quello che si è sempre chiamato “o ponte e via Irno”, che non sta a via Irno.
Commento positivamente l’apertura di un nuovo Lounge Bar bellissimo e di un bio-market nei pressi di quella pietra miliare che è “Saltimbocca”
L’Irno comunque c’è (anche se è un rigagnolo) e si fa intravedere poco dopo aver superato il Grand Hotel Salerno, discutibile costruzione dallo stile anni ’80 che ricorda la Love Boat “de no artri”.
Cambio lato in attesa che mi finiscano ‘sti tunnel della lungo Irno e affronto il vento della strada che porta a “piazza ferrovia”. C’è sempre vento lì da sempre. E’ una costante come la fila davanti all’INPS ed il pullman che ti passa ad un millimetro dalla faccia quando superi la chiesa del Sacro Cuore.
Corso Vittorio Emanuele ti attende di lì a poco e come sempre c’è una quantità debordante di ragazzi che attendono il 17 alla fermata all’ingresso della strada.
Qui lo scenario cambia. L’isola pedonale ti accoglie ed il frenetico camminare delle mamme che accompagnano i bambini a scuola e dei professionisti che scalciano i passanti con le loro valigette ti accompagna sotto i “portici dell’Upim”. La comunità senegalese ha fatto di questo luogo un negozio di dischi e mi sta bene. Saluto tutti e dico che non voglio l’ultimo di Lady Gaga, ma preferisco qualcosa di indipendente. Attraverso la strada e guardo da anni ormai i lavori del palazzo che fu dell’ENEL. Ricordo ancora quel povero signore che urlava tutte le mattine davanti agli uffici “la camoorraaa…” e penso “pace all’anima sua”.
Mi sposto sul lato destro perché devo coccolarmi al pensiero che fra poco Mario ed Elisabetta apriranno Disclan e potrò magari più tardi andare a scambiare una piacevolissima chiacchiera. Il “nonno in divisa” ferma le macchine e si arriva in zona Tribunale. Il caos della scuola Vicinanza è sempre alto e ci si avvicina a quella che è la via che collegava i Due Principati. Giro a destra e mi avvio verso “Piazza Malta” altro nome errato per indicare Piazza XXIV Maggio, ma perdono anche questo.
Mi sposto sulla sinistra ed al numero 57 c’è quello che da due anni è il mio ufficio (una sorta di seconda casa). Adoro la mia città, adoro respirare i suoi pregi ed i suoi errori. Grazie per avermi accompagnato.
Max

Indipendenti si nasce

punto.

Ah, non basta? a me sembra di si.
Indipendenti si nasce punto, ma si subisce. Si subisce tanto.
Si subisce l’arroganza televisiva del preparato pronto all’uso. Non si ha voglia di pensare, non si ha voglia di scoprire cose nuove, perché non ce ne è bisogno.

Scenario 1: Entri in un locale e la band suona delle cover di brani famosi.

Ti senti al sicuro. Conosci già quello che stanno suonando, sei al sicuro. Lo hai sentito alla radio 1000 volte già oggi e la tv te lo ha già propinato come sottofondo alla modella di turno che ti guarda dallo schermo con fare “olgettino”.
Intanto finisce la serata e se il proprietario ha pagato la SIAE fa compilare al direttore dell’esecuzione quel fantastico documento dal nome “Programma musicale”.
Il suddetto “direttore” scrive zucchero, baglioni, battisti, muse, u2, e tutti nomi che conoscono anche le pietre e via.. giù con i diritti d’autore a tutti questi signori della “serie A”.

Scenario 2: Entri in un locale e la band suona brani originali. Non sei al sicuro, ma se hai un cervello cerchi di capire cosa accade. Se ti da piacere te ne accorgi subito, altrimenti devi ascoltare magari un po’ di più, ma questo ti stimola di sicuro. Ti invita a reagire diversamente, ti invita ad A S C O L T A R E!
Intanto finisce la serata e se il proprietario ha pagato la SIAE fa compilare al direttore dell’esecuzione quel fantastico documento dal nome “Programma musicale”.
Il suddetto “direttore” a questo punto scrive i cognomi degli autori di quei brani originali che sono sconosciuti e via giù con i diritti di autore a questi signori senza serie.

Finale dello Scenario 1: torni a casa, forse ubriaco, ti sei divertito, ma non conosci nulla di nuovo. Hai arricchito i soliti signori, ma non ne avevano bisogno e non ne avevi bisogno nemmeno tu.

Finale dello scenario 2: torni a casa e stai ancora parlando della band e vuoi sapere come fare ad avere il cd, o magari lo hai comprato alla serata ed hai un cd in più, della musica nuova da ascoltare. sei più “ricco” tu ed hai contribuito alla crescita della musica indipendente, quella senza serie, quella che non ha la tv, le agenzie, i produttori rinomati, e tutto il resto.

Fai tu.. sei dello scenario 1 o 2?

E’ una questione di curiosità…

…e di educazione alla curiosità ed alla cultura.
Ho sempre bisogno di qualcosa di nuovo, ho bisogno di capire che succede in giro. Non mi basta mai.

Ricordo che il primo inter-rail con un fascinoso treno fs l’ho fatto nel 1992. Avevo 22 anni. Avevo bisogno di capire cosa stava accadendo fuori di qui, ma volevo farlo incontrando persone, guardando le facce e scambiando parole ed opinioni fino a quando la resistenza ce lo permetteva. Il primo treno (Napoli-Monaco) era un espresso. Se avevi il biglietto inter-rail non potevi prendere intercity.. Era bello incontrare personaggi sconosciuti che si raccontavano con una semplicità assoluta. Non avevamo nani e ballerine al governo, certo non erano bei tempi, ma di contro esisteva ancora una generazione con degli ideali e questo faceva in modo che si riuscisse a parlare di un’altra Italia. Si riusciva a litigare sulle idee e non sulla distinzione tra prescrizione ed assoluzione perché erano (e sono e dovrebbero essere) concetti molto chiari (prescrizione è diverso da assoluzione, ma evidentemente in 20 anni le parole cambiano significato e quindi anche democrazia non è più democrazia). Avevo 22 anni e mi chiesi cosa fosse un campo di concentramento e cosa lo avesse generato.
Andammo a Dachau.
Potrei terminare questo post anche qui. La sensazione che si prova nel vedere un campo di concentramento non si può descrivere. Ricordo solo un fortissimo mal di stomaco, fisso, ed un viale alberato che piangeva (e forse piange) ancora.
In quel viaggio andammo a Copenaghen (un pacchetto di Marlboro costava 9.000 lire all’incirca), girammo anche l’Olanda (si sa, devi andare ad Amsterdam!), facemmo qualcosa del Belgio (Bruges se non sbaglio) e poi tornammo giù carichi di monete di ogni tipo che conservo ancora gelosamente.
L’anno successivo, non mi era bastato, ripartii in treno e via, Londra, Dublino (Feile Festival, concerto dei Madness), e di ritorno Dresda Lipsia, Vienna, Venezia (meravigliose mostre di Francis Bacon, Salvador Dalì e Peter Greenway). Dovevo e volevo capire.
Tutto in treno (ed ovviamente traghetto dove serviva). Solo perché pensavo, perché mi andava di pensare, e perché dovevo capire. Da allora cerco sempre un modo per capire dove siamo e dove stiamo andando.

Vorrei che oggi fossero tutti un po’ più curiosi. Curiosi di capire come si è arrivati fin qui. Se non hai visto gli anni novanta non lo puoi sapere, anche perché se qualcuno volesse vedere un film/documentario che ne parla dovrebbe necessariamente cercarsi un canale alternativo che poi dopo un po’ di tempo chiudono perché da “fastidio” (vedi current). E’ una questione di educazione, è una questione di cultura.

Facebook, veramente ciao!

Si, è giunta l’ora di mollare questa nave senza rotta.
Più di 1000 “amici” sconosciuti, con tre o quattro persone che tengono a te seriamente.
Certo non cercavo l’affetto su di un social network, ma dopo una seppur breve, ma intensa riflessione ritengo che da musicista lo uso per aumentare la mia popolarità e che questa resta grande se già ce l’hai, altrimenti è inutile.
Basta solo pensare che già chi normalmente ti è vicino commenta scherzosamente ogni cosa, anche quelle che per te sono serie, tipo la promozione di un album su itunes oppure un tuo concerto; questo atteggiamento, per quanto simpatico possa essere, non giova alla serietà ed alla veridicità di un tuo post.
Esempio se io scrivo che un mio album è su itunes, dovresti solo prendere questa cosa come una notizia e se ti fa piacere che anche un maori può comprarlo, dovresti solo dire che ti piace oppure aiutarmi a promuoverlo e non dire….”ma che bravo… addirittura sei su itunes..” oppure… “sei dappertutto… ma vuoi vedere che vuoi essere famoso?”… ecco questo è il tipico atteggiamento di chi non ha capito che per te anche 99 cents di $ per un tuo brano significano e valgono molto di più del loro valore materiale.
Se una persona compra un mio singolo io gliene sarò grato a vita non perchè mi ha dato parte dei 0,99 $ ma perchè mi ha dato la forza, l’energia per poter continuare a fare.
Chi suona vuole dare se stesso agli altri, chi ama la musica davvero non lo fa per soldi.
Chi suona lo vuole fare per sempre ed è sbagliato cercare la popolarità su facebook. E’ come cercare consensi e sappiamo bene cosa ha generato la fabbrica del consenso.
Quindi Facebook ciao, veramente ciao.
E’ ora di sostituire questo mondo con uno più vero.
Max

LC

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Questo disegno è stato realizzato da Geri Hann dopo aver ascoltato i primi 30 secondi di un mio brano

LC

. Sono infinitamente grato a Geri xchè mi dimostra attenzione ed affetto dandomi continuamente la forza di scrivere e suonare musica. Grazie Geri. Tanto!